#SoloCoseBelle, perché parlarne fa bene

Era il 25 aprile dello scorso anno. A causa di un incidente in moto, da un mese ero ricoverato presso l’ICOT di Latina, e da pochi giorni avevo rimesso per la prima volta il piede a terra. 

In quel periodo così singolare – non è da tutti i giorni per un medico ritrovarsi paziente! – chattavo con il mio amico Franco Di Mare. Da qualche anno ci sentivamo spesso. Si può dire che, in qualche modo, ero il suo oncologo spirituale, e lui ricambiava considerandomi un fratello acquisito.
A causa dell’incidente mi ritrovavo in un momento di debolezza, sia fisica che mentale, e Franco si trovava nel bel mezzo di quella tempesta che lo avrebbe portato a salutare la vita. 

Durante una delle nostre chat, in cui Franco tentava di tirarmi su di morale – lui, che in quel periodo aveva bisogno di un respiratore – mi fece una proposta particolare: “Utilizziamo insieme un hashtag? Sia dal mio che dal tuo profilo. #SoloBelleNotizie. Che ne dici? Una specie di diario di bordo, ma virato al bello!”.
Da lì a poco scrivemmo un piccolo post iniziale, a doppia firma, in cui spieghiamo il senso di questa scelta: le belle notizie non sono solo i grandi passi della ricerca e della scienza come il vaccino sul melanoma, ma anche quelle piccole gioie che danno gusto alla vita, come un buon calice di vino, la lettera del primo amore ritrovata in fondo ad un cassetto.
Nel post citando Philippe Delerm e il suo “La prima sorsata di birra e altri piccoli piaceri della vita” e ci mettiamo dentro tutto: alto e basso, sorrisi e riflessioni. 

Fu così che iniziammo, appunto, a scrivere il nostro diario di bordo. Presto, purtroppo, divenne più mio che suo. E ad un certo punto mi fu chiaro: Franco mi aveva fatto uno splendido regalo! 

Oggi voglio rendere omaggio a questo regalo del mio amico Franco Di Mare, riportando qui l’introduzione a quel nostro diario di bordo: 

Ma serviva davvero un altro spazietto di chiacchiere in rete? E perché no? Noi lo immaginiamo come una enoteca, un posto per bere un sorso, fare due chiacchiere, sbocconcellare uno sfizio. Quattro amici che si incontrano e esagerano un po’ sulle dimensioni del branzino pescato, su una storia appena ascoltata, commentando con spirito libero, tra il serio e il faceto. Come si fa tra amici. Tutti benvenuti, naturalmente. Ci riserviamo tuttavia il diritto di bannare immediatamente haters e commenti volgari o fuori luogo. Perché? Perché ci piace immaginare uno spazio di leggerezza, uno sguardo laterale sul mondo pieno di curiosità ma privo di volgarità o acrimonia. Pensiamo di meritarcelo, e ci arroghiamo il diritto di scegliere chi invitare a recarsi altrove.
…Lasciamoci così senza rancor, al destino che vien rassegnarsi convien…
Paolo e Francesco (perché oggi tutto è fluido…) 

Introduzione

Questo è il primo appuntamento con #SoloCoseBelle, una nuova rubrica che ho scelto di lanciare per condividere quelle storie, grandi e piccole, che riempiono la vita di bellezza.

Perché una rubrica del genere? È probabilmente la domanda che si sta ponendo chi legge: la risposta è nella storia che potete leggere qui sotto, insieme ad un commento del mio amico Gino Di Mare, che mi accompagna in questa prima pubblicazione.

Buona lettura!

Non potrei mai mettere in dubbio l’autenticità del messaggio di Franco a Paolo, perché in quel trafiletto c’è tutta la filosofia di mio fratello.

Franco, che di cose brutte e dolorose ne ha viste tante nella sua vita, nei suoi viaggi di guerra e molte, in ultimo, le ha vissute personalmente sulla sua pelle, era proprio così: un ottimista, un uomo irrimediabilmente innamorato della vita. Lui aveva la capacità, incredibile, di vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, il lato buono di ogni cosa, la possibilità di migliorare i momenti più difficili.

La sua forza era proprio lì: Franco dirottava le sue energie su quanto di bello la vita poteva offrire. E se intanto era impegnato in missioni complesse e dolorose, lontano dai suoi affetti, allora pianificava il futuro più prossimo e lo riempiva di “cose belle”, semplici, facili da raggiungere: un viaggio, una cena, un incontro tra amici. E quando era nei momenti più difficili e complessi – ed ultimamente lo è stato veramente troppo spesso – il massimo che diceva era “...e che vulimm fa… nu poc ‘e pacienza…” e passava a pensare ad altro: solo cose belle.